Nell'alta valle del Santerno, un'Abbazia millenaria

26/01/2025
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DATA: Domenica 26 gennaio
Titolo: Escursione in Appennino
Difficoltà: E
Accompagnatori: Matteo Zama (cell.3488112271)
DATA: Domenica 26 gennaio
Titolo: Nell'alta valle del Santerno, tra la valle del Rovigo e quella dell'Inferno, un'Abbazia millenaria
Descrizione: Lasciate le auto negli spazi a lato della strada che poi sale decisa a Casetta di Tiara, in località Molinaccio (mt.460), partiamo per la nostra escursione. Nei pressi della curva della strada del primo tornante per casetta di Tiara parte il nostro sentiero in discesa fino ad attraversare il torrente Rovigo. Saliamo ora di circa 60 metri sul versante opposto portandoci all'interno della Valle dell'Inferno. Il sentiero n.713 procede ora per un breve tratto in piano fino ad un bivio dal quale procediamo a sinistra lasciando la valle dell'Inferno (torrente Veccione) ed iniziando a salire ripi-damente, si superano la casa restaurata di Ca' Nova dello Zoppo arrivando a Razzalto (mt.812). An-cora un breve tratto di salita ed eccoci nel piccolo borgo di Giogarello, con una piccola ma graziosa chiesa recentemente recuperata. Saliamo ancora fino ad arrivare al belvedere del Monte Acuto (mt.1054), qui la vista a 360 gradi è veramente bellissima e pare quasi di fare un volo d'aquila sullo stupendo canyon romagnolo che è la valle del Rovigo. Procediamo lungo il crinale scendendo alla casa rifugio La Serra dove faremo la nostra pausa pranzo. Al termine della sosta il sentiero scende lungo la riva destra del Torrente Moscheta passando le fonti dell'isola: Cà Isolina e poi Cà Isola. Proseguendo sempre in falsopiano lungo il fosso Moscheta arriviamo alla millenaria Abbazia Val-lombrosana di San Pietro a Moscheta dove faremo un'altra pausa anche per una visita. Ripartiamo ora dall'Abbazia in discesa, oltrepassiamo il cimitero alla nostra destra e arriviamo al torrente Vec-cione e al suo omonimo mulino, anche chiamato Mulino di Moscheta. Da qui a destra prima di at-traversare il torrente ne seguiamo il corso inoltrandoci nuovamente nella valle dell'Inferno che as-sieme a quella incassata del Rovigo offrono scorci fenomenali. Qui i costoni di arenaria incombenti creano un teatro naturale e armonioso che cambia con i colori delle stagioni, unito all'incessante scroscio delle acque del Torrente Veccione che accompagnano il cammino alternandosi, a tratti, al silenzio ovattato di madre natura. Il sentiero prosegue sulla fascia altimetrica (in piano) fino alle ro-vine di Cà Val d'Inferno e proseguendo dopo poco troviamo il bivio fatto all'andata dove prose-guiamo diritto in direzione Molinaccio ed in breve chiudiamo il nostro percorso con l'arrivo alle auto.

Abbazia di S.Pietro a Moscheta
La Badia di Moscheta non è soltanto un'importante presenza artistica ma è soprattutto una chiara testimonianza della centralità di questo luogo nel processo storico, che invece ad una prima ed errata impressione appare quasi isolato. Fu edificata a fondovalle, in un ambiente che, seppur circondato dalla selva, l'uomo ha modellato nel corso dei secoli. Il territorio di Moscheta all'inizio del XI secolo apparteneva ad Anselmo da Pietramala, fu da questi donato, assieme ad un miglio di bosco, a San Giovanni Gualberto che qui fondò un monastero nel 1034. la Badia fu ampliata dall'Abate Beato Rodolfo de Galigai. Venne distrutta una prima volta dalle acque del torrente Veccione, ed una seconda volta da un incendio; fu poi ricostruita. Dell'antico impianto romanico non rimangono che poche vestigia qua e là reinserite nelle odierne strutture murarie e varie tracce di sepolture nel luogo ove sorgeva il primitivo edificio. Sopra l'arco dell'attuale ingresso vi è la copia di un rilievo cuspidato (l'originale trecentesco, un po’ deteriorato, è all'interno del salone) con figurazioni simboliche: un albero, un istrice e San Pietro con le chiavi del Paradiso. Sono questi i simboli di Moscheta posti all'ingresso: "Mondo del sacro, delle piante e degli animali".
A San Pietro, San Giovanni Gualberto dedicò l’abbazia, emblema della sua lotta contro la simonia e la ricchezza del clero, fu infatti San Pietro a sconfiggere Simon Magio, il primo a mettere in vendita le cariche della Chiesa. Per il mondo vegetale San Giovanni Gualberto scelse la farnia, da cui deriva il nome del luogo, il nome di Moscheta deriva dal luogo in cui fu fondata la badia, chiamato anticamente Mons Ischetus, monte degli ischi, querce dolci, farnia, volgarizzato poi in Moscheta: quercia dolce perché le ghiande hanno un sapore molto dolce, da cui le popolazioni di queste mon-tagne ricavavano anche il caffè.
L'istrice indica invece lo stile di vita sobrio e ritirato dei monaci. Rappresentato con gli aculei ab-bassati forse in segno di addomesticamento da parte dei monaci o di convivenza pacifica dato il si-lenzio e la vita ritirata dell'Abbazia. Notevoli sono le porte del cortile del XIV secolo, mentre all'in-terno della chiesa era custodita una croce astile in rame dorato del XII secolo che adesso è conser-vato presso la prepositura di Firenzuola. La badia di Moscheta è un'importante presenza in un pre-ciso periodo storico-religioso e corrisponde alla fase in cui gli insediamenti monastici avevano un grande valore nell'acquisizione e nella gestione dei territori. Quando i monaci Vallombrosani si in-sediarono a Moscheta, poco dopo l'anno 1000, le loro proprietà si estendevano sul quadrilatero che comprendeva oltre alla Badia di S. Pietro a Moscheta, la Badia di San Paolo a Razzuolo, la Madonna dei tre fiumi, e Santo Stefano a Grezzano vicino a Ronta. La capillare diffusione dei siti monastici ebbe grande importanza in queste zone, specialmente sulle direttrici viarie, in questo caso quella Bolognese, oltre alla gestione e governo del territorio anche per intercettare e dare ospitalità ai pellegrini che dal nord andavano a Roma.

Partenza:
ore 7,30, mezzi propri da Piazzale Pancrazi, pranzo al sacco
Tempi: ore 5,30 soste escluse (12,5 chilometri)
Dislivello: 720 metri
Difficoltà: E
Accompagnatori: A.E. Matteo Zama (cell 3488112271)

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