PRIMO ZOLI NON C’È PIÙ

17/07/2021
Faenza
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PRIMO ZOLI NON C’È PIÙ
Primo Zoli non c’è più, ci ha lasciato dopo una breve malattia, contornato dai suoi cari, dopo ben centouno anni vissuti alla grande. Tutta la sezione di Faenza del CAI si unisce alla famiglia nel cordoglio per la scomparsa. Di seguito una breve biografia di Primo.
Primo Zoli, nato il 24 giugno del 1920 a Fossolo, una frazione del Comune di Faenza, ha festeggiato serenamente con la sua famiglia il traguardo dei centouno anni. Quando parlava di sé stesso, Primo non rinunciava a quell’ironia arguta e bonaria che costituiva un tratto distintivo del suo carattere. Come sulla sua data di nascita. “Quando sono nato? Dipende. All’anagrafe risulta il 24 giugno del ’20, ma sono nato il 16. Si era in piena mietitura e mio padre non aveva tempo per andare a Faenza a denunciare la nascita”. 
Cresciuto in una famiglia di mezzadri diventati braccianti, alla fine dello stesso 1920, sei figli, quattro maschi e due femmine, aveva imparato fin dai primi anni la dura realtà della miseria, tanto che in un racconto della sua vita aveva scritto: “La miseria conosceva il nostro indirizzo di casa e non l’ha mai perduto di vista”. A questa difficile situazione si aggiunge anche la drammatica perdita di tre zii nella Prima Guerra Mondiale.
Come capita a tanti altri ragazzi della sua condizione, a 13 anni lo mettono a garzone presso una famiglia di contadini. “Ci sono rimasto tre anni e mezzo. A 17, quand’ho cominciato a fare il bracciante, ero già stroncato dagli sforzi e con un’ernia che mi tormentava”. Ciò non lo esime dal durissimo lavoro dello scariolante, dal recarsi in bicicletta fino a Mandriole per la costruzione di argini e canali.
A vent’anni dovrebbe andare nei soldati, ma sotto le armi c’è già un fratello maggiore e così a lui tocca partire con la classe del ’21: 18 mesi nel 28º Reggimento Fanteria, quello di stanza a Ravenna. Il solo vantaggio è poter studiare avvalendosi dell’aiuto di un commilitone. Da piccolo aveva frequentato le elementari fino alla 5ª, quando torna a casa ha in tasca la licenza di avviamento commerciale.
Nell’estate del ’43 è di guardia ad una polveriera nella pineta del litorale ravennate. Restano là anche a dormire, isolati dal mondo. “Sapemmo dell’Armistizio dell’8 settembre da un tale che passò da quelle parti andando a pescare. Cosa fate ancora qui, ci disse, non sapete che sono andati a casa tutti?”.
Quindi, nella Resistenza, nei gruppi che operano nella zona di Pieve Cesato, che compiono molte azioni di disturbo contro i tedeschi e la più famosa resta l’incendio del Ponte della Castellina. Poi fa parte della 13.ma squadra nella 28.ma Brigata Garibaldi, a fianco del Battaglione Cremona dell’Esercito italiano e l’8 maggio del 1945 festeggia la fine della guerra a Venezia.
Nel dopoguerra assume incarichi nel sindacato, fino a quello di segretario della Camera del Lavoro e poi nella cooperazione, insieme all’impegno politico, ed è eletto consigliere comunale per due mandati nelle file del Partito Comunista. Uomo stimato per la rettitudine, la serietà e l’equilibrio nei giudizi e nelle posizioni, Primo Zoli aveva interlocutori attenti in tutti gli ambienti. Negli anni ’80 gli è stato conferito il titolo di “Faentino sotto la torre”, insieme a Giovanni Dalle Fabbriche e Giuseppe Ghetti.
Presidente dell’ANPI di Faenza per molti anni, della quale era presidente onorario, durante il suo lungo mandato ha svolto una funzione decisiva nella nascita e nell’affermazione del Museo di Ca’ di Malanca. 
Grande conoscitore dell’Appennino, ha percorso con continuità tutti i sentieri. Li conosceva a memoria senza alcun bisogno di segni e carte. Questa sua grande passione, che aveva coltivato fino a pochi anni fa, è stata fondamentale nella realizzazione del Sentiero dei Partigiani, insieme al CAI di Faenza, Imola e Ravenna. Un sentiero che ripercorre i momenti salienti della Battaglia di Purocielo. 
Primo non aveva mai smesso di percorrere i sentieri delle “sue” montagne, gli Appennini dietro casa, e nei primi anni sessanta camminava sui monti assieme ad un piccolo ed affiatato gruppo di amici. Allora, i sentieri non erano certamente segnati e puliti come adesso, si seguivano le vecchie tracce delle cartine IGM in bianco e nero, ed erano percorsi soprattutto da cacciatori e fungaroli, o contadini, e da qualche appassionato appunto come Primo, ed altri. Si erano dati il nome di “Pochi e Buoni”. Sicuramente Primo contribuiva alla ricerca dei percorsi, come ha poi continuato a fare nell’UOEI e anche, qualche volta, nel CAI. 
Le esequie avranno luogo domani: la cerimonia religiosa avverrà domani mattina alle ore 9,30 presso la chiesa di San Giuseppe Artigiano in via Dalpozzo a Faenza. Alle 10,45 circa, nel piazzale del cimitero di Faenza si terrà un saluto ed un ricordo organizzato dall’ANPI. Un ringraziamento in anticipo da parte della famiglia a coloro che vorranno partecipare, anche solo col pensiero.
PRIMO ZOLI NON C’È PIÙ

Primo Zoli non c’è più, ci ha lasciato dopo una breve malattia, contornato dai suoi cari, dopo ben centouno anni vissuti alla grande. Tutta la sezione di Faenza del CAI si unisce alla famiglia nel cordoglio per la scomparsa. Di seguito una breve biografia di Primo.

Primo Zoli, nato il 24 giugno del 1920 a Fossolo, una frazione del Comune di Faenza, ha festeggiato serenamente con la sua famiglia il traguardo dei centouno anni. Quando parlava di sé stesso, Primo non rinunciava a quell’ironia arguta e bonaria che costituiva un tratto distintivo del suo carattere. Come sulla sua data di nascita. “Quando sono nato? Dipende. All’anagrafe risulta il 24 giugno del ’20, ma sono nato il 16. Si era in piena mietitura e mio padre non aveva tempo per andare a Faenza a denunciare la nascita”. Cresciuto in una famiglia di mezzadri diventati braccianti, alla fine dello stesso 1920, sei figli, quattro maschi e due femmine, aveva imparato fin dai primi anni la dura realtà della miseria, tanto che in un racconto della sua vita aveva scritto: “La miseria conosceva il nostro indirizzo di casa e non l’ha mai perduto di vista”. A questa difficile situazione si aggiunge anche la drammatica perdita di tre zii nella Prima Guerra Mondiale.Come capita a tanti altri ragazzi della sua condizione, a 13 anni lo mettono a garzone presso una famiglia di contadini. “Ci sono rimasto tre anni e mezzo. A 17, quand’ho cominciato a fare il bracciante, ero già stroncato dagli sforzi e con un’ernia che mi tormentava”. Ciò non lo esime dal durissimo lavoro dello scariolante, dal recarsi in bicicletta fino a Mandriole per la costruzione di argini e canali.A vent’anni dovrebbe andare nei soldati, ma sotto le armi c’è già un fratello maggiore e così a lui tocca partire con la classe del ’21: 18 mesi nel 28º Reggimento Fanteria, quello di stanza a Ravenna. Il solo vantaggio è poter studiare avvalendosi dell’aiuto di un commilitone. Da piccolo aveva frequentato le elementari fino alla 5ª, quando torna a casa ha in tasca la licenza di avviamento commerciale.Nell’estate del ’43 è di guardia ad una polveriera nella pineta del litorale ravennate. Restano là anche a dormire, isolati dal mondo. “Sapemmo dell’Armistizio dell’8 settembre da un tale che passò da quelle parti andando a pescare. Cosa fate ancora qui, ci disse, non sapete che sono andati a casa tutti?”.Quindi, nella Resistenza, nei gruppi che operano nella zona di Pieve Cesato, che compiono molte azioni di disturbo contro i tedeschi e la più famosa resta l’incendio del Ponte della Castellina. Poi fa parte della 13.ma squadra nella 28.ma Brigata Garibaldi, a fianco del Battaglione Cremona dell’Esercito italiano e l’8 maggio del 1945 festeggia la fine della guerra a Venezia.Nel dopoguerra assume incarichi nel sindacato, fino a quello di segretario della Camera del Lavoro e poi nella cooperazione, insieme all’impegno politico, ed è eletto consigliere comunale per due mandati nelle file del Partito Comunista. Uomo stimato per la rettitudine, la serietà e l’equilibrio nei giudizi e nelle posizioni, Primo Zoli aveva interlocutori attenti in tutti gli ambienti. Negli anni ’80 gli è stato conferito il titolo di “Faentino sotto la torre”, insieme a Giovanni Dalle Fabbriche e Giuseppe Ghetti.Presidente dell’ANPI di Faenza per molti anni, della quale era presidente onorario, durante il suo lungo mandato ha svolto una funzione decisiva nella nascita e nell’affermazione del Museo di Ca’ di Malanca. Grande conoscitore dell’Appennino, ha percorso con continuità tutti i sentieri. Li conosceva a memoria senza alcun bisogno di segni e carte. Questa sua grande passione, che aveva coltivato fino a pochi anni fa, è stata fondamentale nella realizzazione del Sentiero dei Partigiani, insieme al CAI di Faenza, Imola e Ravenna. Un sentiero che ripercorre i momenti salienti della Battaglia di Purocielo. Primo non aveva mai smesso di percorrere i sentieri delle “sue” montagne, gli Appennini dietro casa, e nei primi anni sessanta camminava sui monti assieme ad un piccolo ed affiatato gruppo di amici. Allora, i sentieri non erano certamente segnati e puliti come adesso, si seguivano le vecchie tracce delle cartine IGM in bianco e nero, ed erano percorsi soprattutto da cacciatori e fungaroli, o contadini, e da qualche appassionato appunto come Primo, ed altri. Si erano dati il nome di “Pochi e Buoni”. Sicuramente Primo contribuiva alla ricerca dei percorsi, come ha poi continuato a fare nell’UOEI e anche, qualche volta, nel CAI. 

Le esequie avranno luogo domani 17 luglio: la cerimonia religiosa avverrà domani mattina alle ore 9,30 presso la chiesa di San Giuseppe Artigiano in via Dalpozzo a Faenza. Alle 10,45 circa, nel piazzale del cimitero di Faenza si terrà un saluto ed un ricordo organizzato dall’ANPI. Un ringraziamento in anticipo da parte della famiglia a coloro che vorranno partecipare, anche solo col pensiero.